aruska Di Giannattale, I giochi musicali nel Medioevo e nel Rinascimento
Associato al solo divertimento, nell’antichità e nei primi secoli del Cristianesimo il gioco era spesso considerato inutile e affatto formativo. Solo tra l’XI e il XII secolo avvenne una sorta di rivoluzione nel mondo della cultura che consentì la nascita di una scientia ludorum, che lo affermò definitivamente anche come piacevole e utile strumento di esercizio intellettuale.
Con la nascita delle scuole monastiche e capitolari la formazione religiosa dell’alto clero era stata ampliata con l’introduzione dell’aritmetica delle proporzioni: le due «scienze sorelle», l’aritmetica e la musica, iniziarono a rivestire un ruolo primario nell’ambito del quadrivium. Il nuovo modo di concepire l’apprendimento investì anche il campo dei giochi, per cui il ludus iniziò ad essere connesso alla disciplina, alla serietà e alla scienza. Oltre ad utilizzare l’abaco, il monocordo, la sfera di armilla e l’astrolabio, infatti, gli studenti delle scuole vescovili dell’Impero di Ottone il Grande si esercitavano con la rithmomachia (‘battaglia delle consonanze dei numeri’) o ‘ludus philosophorum’, un gioco da tavolo il cui fine era ricercare, come veri e propri musici di boeziana memoria, i rapporti che regolavano le consonanze musicali; ciò si realizzava mediante pedine numerate che, poste su un tavoliere, venivano mosse secondo complicati e continui calcoli matematici. Il gioco si diffuse rapidamente anche in Francia, Inghilterra e Italia. Con la ripresa delle opere classiche del Rinascimento ebbe la massima diffusione, dimostrata dalla copiosa produzione di trattati sulla rithmomachia.
Nel corso del XVI secolo furono prodotti diversi manuali sui giochi intellettuali. Nel 1551 il letterato bolognese Innocenzo Ringhieri diede alle stampe i Cento giuochi liberali, et d’ingegno, in cui descrive cento differenti giochi, ciascuno dedicato ad una particolare arte o scienza. Singolari sono i ludi connessi alla musica, definita ora scienza dei numeri, ora come una essenza magica dal meraviglioso potere di dilettare anche «gli orecchi di coloro che non l’intendono».
La fusione dell’aspetto ludico con quello relativo all’armonia aritmetica e musicale è patente nella rithmomachia, una specie di gioco di scacchi creato del secolo XI che preparava allo studio della teoria musicale: nato «pour donner vie au De institutione arithmetica de Boèce», consisteva nello scontro di numeri pari e dispari scritti su pedine bianche e nere di forma differente che si muovono su un tavoliere di scacchi raddoppiato (8×16 caselle). Ogni giocatore disponeva di 24 pedine e l’obbiettivo del gioco è di mettere uno accanto all’altro nel campo avversario le pedine i cui numeri formano la progressione 6, 8, 9, 12, che la teoria musicale pigagorica considerava armonicamente perfetta, sia dal punto di vista musicale, che geometrico, che aritmetico. La ritmomachia è dunque un sistema per apprendere i rapporti armonici fra i numeri, giocando. Come nell’universo si oppongono due principi così in questo gioco si oppongono i numeri pari e dispari: le armonie superiori vengono riflesse sul tavoliere degli scacchi.(Paolo Canottieri)
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